C’è tempo fino al 31 dicembre per le aziende con più di 100 dipendenti e per le PA. Allo studio di People T&C una proposta di compliance per le imprese.
Continua l’affannosa e, spesso caotica,
rincorsa delle imprese a garantire il rispetto di nuove e continue norme,
foriere di altrettanto nuovi e continui adempimenti. E questo peso, in un
periodo così difficile come quello che stiamo vivendo, sembra sempre più
gravoso.
Dopo la variegata e confusa “fase” degli
adempimenti relativi al controllo dei green pass dei lavoratori – non ancora
del tutto conclusa – e l’imminente diffusione dell’istituto del whistleblowing
subordinata al prossimo recepimento di una direttiva europea in materia, un
altro obbligo contrassegna il calendario dell’avvento di alcune nostre cooperative:
l’obbligo di nominare un mobility manager per quelle di esse che occupano oltre
100 dipendenti e che si estende anche ad alcune pubbliche amministrazioni.
Ma chi è il mobility manager? E’ una
figura nata per legge nel 1998, ma che da quest’anno è divenuta obbligatoria.
Il 10 maggio scorso, infatti, il ministro dei Trasporti e delle Mobilità
sostenibili, Enrico Giovannini, ha firmato con il ministro della Transizione
ecologica Roberto Cingolani il decreto sull’istituzione della figura
obbligatoria del mobility manager per le
aziende e le pubbliche amministrazioni con singole unità locali con più di 100
dipendenti ubicate in un capoluogo di regione, in una Città metropolitana, in
un capoluogo di provincia ovvero in un comune con popolazione superiore ai 50.000
abitanti.
L’obbligo non riguarda quindi tutte le imprese
ma solo quelle contrassegnate dai succitati parametri dimensionali.
I soggetti obbligati sono tenuti ad
adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano di spostamenti casa-lavoro dei
dipendenti in ottica di sostenibilità: all’interno del piano, il mobility
manager lavora con l’obiettivo di ridurre l’uso del mezzo privato, informando i
lavoratori e creando una cultura della mobilità sostenibile a tutela
dell’ambiente e della salute.
Un decreto dirigenziale del 4 agosto scorso,
il n. 209, ha cristallizzato le linee guida per la redazione e
l’implementazione dei Piani di spostamento casa-lavoro che vanno poi trasmessi
ai comuni.
Ma quali competenze deve avere un Mobility Manager? Esistono diversi tipi di Mobility manager secondo la
disciplina del decreto del 12 maggio 2021: abbiamo il «Mobility manager aziendale»,
cioè la figura che si occupa della
mobilità sostenibile nell’ambito degli spostamenti casa-lavoro del personale
dipendente; accanto a questo, la norma prevede il «Mobility manager d’area» e
cioè una figura specializzata nel supporto al comune territorialmente
competente per la definizione e implementazione di politiche di mobilità
sostenibile nonché per lo svolgimento di attività di raccordo tra i mobility
manager aziendali.
A queste figure si aggiunge, risalendo a
delle fonti normative del 2015 che lo hanno istituito, il mobility manager
scolastico che poco si coordina, secondo le previsioni normative, con le altre
due figure da poco obbligatorie.
Per poter ricoprire la carica di
Mobility manager aziendale e d’area, il decreto del Ministero della transizione
ecologica prevede che i soggetti nominati siano in possesso di un’elevata e
riconosciuta competenza professionale e/o comprovata esperienza nel settore
della mobilità sostenibile, dei trasporti o della tutela dell’ambiente. Molti
sono i corsi di formazione che vengono promossi su questo tema, pur non essendo
tuttavia obbligatori.
Ma cosa succede se l’azienda non
rispetta l’obbligo della nomina del Mobility manager aziendale e se non
predispone il piano degli spostamenti? E’ l’area grigia di questa norma: non
sembra, infatti, prevista la possibilità di essere soggetti a controlli e
sanzioni e questo depotenzia molto il radicamento e la diffusione di questa
professionalità tra le aziende. Tuttavia, essendo rimesso il tutto, in pratica,
alla sensibilità delle singole imprese, pensiamo che, oltre uno strumento di
compliance e responsabilità sociale, questo istituto del mobility manager possa
diventare nel tempo uno strumento premiale di qualificazione delle imprese
fornitrici rispetto alle pubbliche amministrazioni o ai fini dell’ottenimento
di pubbliche sovvenzioni.
Per quelle cooperative che rientrano nei
parametri richiesti dalla normativa, People Training & Consulting sta
lavorando alla definizione di convenzioni con professionisti in grado di
garantire gli adempimenti richiesti. Per qualsiasi contatto e approfondimento,
rivolgersi al direttore Michela Colatosti 342.5484030.